Ipersensibilità: cos’è e come gestirla

Francesco Ferranti

Francesco Ferranti

Psicologo - Psicoterapeuta

Ti è mai capitato che a scuola le maestre ti dicessero che tuo figlio ha comportamenti diversi rispetto ai suoi compagni di classe? Forse lo hai notato anche tu, quando lo vedi rapportarsi con i suoi coetanei. Tuo figlio sembra essere più sensibile degli altri.

Riesce più di altri a percepire e fare propri i sentimenti altrui. Se qualcuno a lui vicino è particolarmente giù di corda, lui inizia a chiedersi il motivo e fa di tutto per consolarlo. Non solo: un bambino ipersensibile si fa mille domande sul mondo che lo circonda, si chiede il perché di tante cose e si serve spesso del suo intuito speciale per cercare di decifrare il mondo intorno.

Che cosa significa per un bambino, o per un essere umano più in generale, essere ipersensibile? Non si tratta, come si potrebbe pensare, di una debolezza del carattere che porta a facili sentimentalismi, ma di una vera e propria diversità di percezione del mondo di cui fanno parte.

Ipersensibilità: cosa vuol dire essere ipersensibili

Le persone ipersensibili tendono a notare particolari che una persona dalla sensibilità comune non noterebbe. Chi è ipersensibile riesce sempre a mettere sempre a proprio agio le persone con cui ha a che fare. Riesce prima e meglio di altri a percepire l’ambiente intorno. Riesce, attraverso una fortissima dote intuitiva, a trovare soluzioni veloci e valide.

L’ipersensibilità non è una caratteristica di nascita recente: è proprio grazie a questo speciale tipo di intuito che la nostra specie è riuscita a sopravvivere fino ad oggi: quando i primi uomini giravano in piccole tribù, solo la sensibilità di alcuni ha permesso agli altri di sopravvivere.

Avrai ormai intuito qual è l’approccio giusto da riservare all’ipersensibilità: si tratta di un vantaggio non indifferente, da utilizzare come una risorsa per risolvere le difficoltà.

Ipersensibilità: vantaggio o svantaggio

Quando ci si rende conto di essere ipersensibili, si tende a reprimere questa caratteristica del proprio essere, convinti che si tratti di una debolezza da reprimere, una caratteristica che può portare sofferenze e difficoltà nelle relazioni con gli altri.

Il pensiero comune associa alla troppa sensibilità diversi problemi relazionali: chi è troppo sensibile tenderà secondo molti a soffrire di depressione, disturbi della personalità e di ansia. È vero, può succedere, ma non è sempre cosi. Il segreto per non lasciarsi distruggere dalla propria ipersensibilità è imparare a conviverci: conoscere come funziona il proprio istinto, imparare ad ascoltarlo e a gestirlo, è la cosa migliore da fare. Bisogna imparare ad abbracciare quella parte di sé senza cercare a tutti i costi di reprimerla.

È vero, a volte chi è ipersensibile vorrebbe poter non sentire tutto cosi tanto e non lasciarsi sopraffare dalle proprie percezioni, ma spesso è proprio imparando a gestire queste percezioni che si riesce ad arrivare lontano.

Non ci credi? Pensa ad un gallerista che deve avere quasi continuamente a contatto con gli artisti che ha intenzione di esporre: può utilizzare la sua ipersensibilità per capire meglio le loro esigenze facendoli sentire sempre accolti e a loro agio.

Anche un direttore delle risorse umane potrebbe fare della propria ipersensibilità una risorsa per cercare di comprendere meglio la persona che ha davanti, per capire se è adatta o meno al ruolo per cui si è candidata.

Per passare ad esempi più illustri, pensate a Sherlock Holmes: come avrebbe risolto tutti i casi che ha affrontato senza il suo intuito geniale? Quindi si, l’ipersensibilità è un dono importante. Ma è altrettanto importante non crearsi aspettative.

Non per forza chi è ipersensibile diventerà un artista tormentato e geniale. È fondamentale accettare questa parte di sé senza enfatizzarla. È una caratteristica come un’altra, come possono essere i colori di occhi e capelli.

L’importante è accettarsi, sempre!

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