Hikikomori: cosa fare se i propri figli sono ritirati sociali

Francesco Ferranti

Francesco Ferranti

Psicologo - Psicoterapeuta

Oggi vi voglio insegnare una parola nuova: hikikomori. È una parola giapponese che descrive l’atteggiamento di chi, incapace di affrontare le proprie paure relazionali, si rinchiude in casa per anni interi, lasciando come unico spiraglio di comunicazione col mondo, la rete.

Essere hikikomori in Italia

Gli Hikikomori giapponesi sono ragazzi ma anche giovani adulti che, guidati dalla vergogna del non essere riusciti a realizzarsi né sul lavoro né in altri campi della loro vita, decidono di restare tappati in casa per non affrontare la vergogna del mondo esterno.

Questo fenomeno, all’inizio squisitamente nipponico, si è poi diffuso piano piano anche in Italia: sono tanti i ragazzi che decidono di vivere da ritirati sociali.

La diffusione di questo fenomeno è stata a lungo associata alla dipendenza dalla rete e dai social: secondo qualcuno, i giovani preferiscono restare a casa perché non riescono a rinunciare a un attimo della loro vita virtuale.

In realtà, le cose non stanno esattamente cosi. Proprio come succede per i giapponesi, questi ragazzi decidono di rintanarsi in casa perché si vergognano: si vergognano della loro inadeguatezza, del loro complicato rapporto con i coetanei, di come sta cambiando il loro corpo.

Se una volta per affrontare l’adolescenza bastava ribellarsi a mamma e papà, oggi la ribellione non basta più: un po’ perché il senso di inadeguatezza avvertito è maggiore, un po’ perché i genitori non rappresentano più un’autorità da temere.

La nuova società e il nuovo concetto di famiglia di cui abbiamo precedentemente parlato hanno educato gli adolescenti ad esplorare i loro sentimenti e viverli a pieno, positivi o negativi che siano. Ed è per questo fortissimo sentire che poi il dolore del non essere apprezzati dai propri pari diventa quasi insostenibile.

E allora si preferisce restare chiusi in camera che affrontare la vergogna del confronto, che non fa altro che fare a pezzi un ego già troppo ferito.

Internet: un contatto con la realtà

In casi come quello descritto, cari genitori, dare la colpa di tutto alla rete è deleterio e mortificante per vostro figlio. Anzi, in un certo senso dovreste quasi essere grati ai social e alla rete per quanto aiutino vostro figlio a restare a contatto con la realtà.

Vi spiego subito perché:

  • Rifugiarsi in rete aiuta a mantenere un contatto con il mondo, anche attraverso la semplice condivisione e lettura di notizie di attualità. Leggere notizie aiuta a non distaccarsi completamente da cosa succede intorno

  • Utilizzare i social vuol dire tenersi comunque in contatto con una cerchia di persone e creare relazioni che, seppur virtuali, hanno un forte peso specifico e vanno a soddisfare il bisogno intrinseco di condivisione proprio di ogni essere umano

  • Il potere dei giochi di ruolo: ci sono luoghi, in rete, che possono aiutare a recuperare un pizzico dell’autostima perduta. Parlo dei giochi di ruolo: veri e propri mondi virtuali dove è possibile cambiare il proprio aspetto e il proprio carattere. Avere delle abilità speciali che aiutino la community del gioco a crescere e diventare più forte farà sentire un giovane adolescente sfiduciato forte come il super eroe di cui veste i panni online. L’idea di essere stimato e addirittura acclamato nella sua comunity potrebbe aiutare il ragazzo a trovare una piccola luce nel suo buio.

Ovviamente, internet non basta. L’unico modo per uscire davvero da un dolore è attraversarlo con coraggio. Chiedere aiuto è il primo passo per uscire dalla depressione: se vostro figlio soffre e non riesce a manifestarlo, chiedere un incontro con un terapeuta potrebbe essere una soluzione.

Alla prossima!

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