Uno sguardo introspettivo sull’amore e i suoi bisogni

Francesco Ferranti

Francesco Ferranti

Psicologo - Psicoterapeuta

L’evoluzione dei rapporti interpersonali, del ruolo della donna e della società ha portato a forti cambiamenti nel comprendere e concepire l’amore. Se prima si tirava avanti, si accettavano anche dinamiche poco positive pur di non cadere nel pettegolezzo, di non rimanere soli e di non stravolgere l’ambiente famigliare, oggi è tutto cambiato.

Sebbene il progresso sociale sia stato positivo, per certi versi ha un po’ “mortificato” il significato di amore in molte coppie. Se prima una donna riusciva a dare maggior sfogo al suo lato femminile stando a casa e svolgendo le mansioni di una casalinga, oggi si sente quasi come un ibrido. Lo stesso vale per l’uomo: essere passati dal macho di turno che portava la pagnotta a casa ad un “semplice” componente della famiglia che apporta gli stessi valori della sua comparte femminile, lo ha leggermente confuso.

Naturalmente, il mio discorso tende ad essere sarcastico ma il nodo della questione voglio toccarlo lo stesso: la troppa indipendenza economica ha portato anche ad un nuovo concetto di amore che spesso fa soffrire.

Spesso indipendenza non vuol dire felicità

Questa frase potrebbe sembrare quasi un eufemismo dato che qualsiasi forma di libertà è positiva, o quasi. Eppure c’è qualcosa che non va nelle coppie di oggi. Ripeto, se un tempo i nostri nonni si accontentavano, noi oggi vogliamo troppo. Siamo convinti che ci sia un amore di livello superiore, come afferma Gray nel suo libro “Oltre Marte e Venere” e ne siamo alla continua ricerca. Questa ricerca costante ci sta facendo dimenticare, però, come ci si approccia all’amore e quali siano i veri bisogni di una coppia.

I bisogni amorosi di una donna, seppur al giorno d’oggi sia libera ed indipendente, non sono cambiati di molto: sentirsi amata, ascoltata, capita e presa in considerazione dal proprio partner sono bisogni basilari per il suo benessere. Diciamo che lo stesso vale per un uomo.

L’unica differenza è che una donna parlerebbe sempre col proprio uomo mentre quest’ultimo, per motivi legati al suo concepire il mondo relazionale in due step: prima sto per i fatti miei, poi mi approccio al mondo.

Fin qui tutto ok, se solo non fosse che le nuove dinamiche sociali hanno stravolto tutto. Ora una donna, anche se casalinga, fa un miliardo di cose in più e sente un carico di stress sempre maggiore. E l’uomo, una volta tornato a casa, può avvertire una diminuzione della sua mascolinità perché magari la sua donna (lavoratrice) comunica maggiore sicurezza, lungimiranza, progettualità e guadagni rispetto a lui.

L’equilibrio come leva per il progresso

Nonostante siano passati anni dalle prime lotte per l’emancipazione femminile, risulta ancora complicato, sia per molti uomini che donne, concepire questa nuova libertà.

Il risultato di questi cambiamenti è da vedersi nei rapporti di coppia dove lei si sente più carica di responsabilità mentre l’uomo tende a “lavarsene più facilmente le mani”. Ci tengo però a precisare che determinati atteggiamenti possono essere anche frutto di un’educazione poco equilibrata: se a casa, sin da bambino, non ho mai provveduto a nulla ma c’era sempre chi faceva le cose per me, è naturale che da grande non svilupperò quell’abilità nel rendermi utili anche a casa e non solo al lavoro.

Credo però che vada dato un giusto peso a tutto: dall’emancipazione femminile al progresso, dal sentirsi più maschili nei ruoli che femminili, non bisogna mai eccedere perché facendo ciò, calpestiamo i nostri desideri amorosi, riversando queste carenze nel nostro rapporto di coppia.

Sentirsi amati, ascoltati e coccolati sono bisogni molto importanti che nessun tipo di progresso può portarci via, costi quel che costi!

Alla prossima!

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