Ipersensibilità? No grazie: i sintomi del rifiuto di una parte di sé

Francesco Ferranti

Francesco Ferranti

Psicologo - Psicoterapeuta

Quanto costa essere sensibili? Purtroppo, quella che è a tutti gli effetti una caratteristica caratteriale come un’altra, è vista spesso come una debolezza. Capita fin troppo spesso, per esempio, che davanti ad una reazione emotiva inaspettata ci si sente dire la frase peggiore di tutte: “Ma dai, non essere cosi sensibile”.

Quante volte ti è stata detta, o hai detto tu stesso, quella frase? Forse lo hai fatto senza malizia, pensando di fatto che si trattasse di una frase amichevole e canzonatoria, un modo come un altro per far capire alla persona interessata che la sua (secondo il tuo modo di percepire e vivere le emozioni) è una reazione esagerata.

Ebbene, ti svelerò un segreto: quella frase, che sembra piuttosto innocua, è la cosa peggiore che una persona ipersensibile possa sentirsi dire.

Ipersensibilità? No grazie: convincersi che è un difetto

Canzonare qualcuno per la sua spiccata sensibilità significa fargliela avvertire come qualcosa di sbagliato, un comportamento da correggere in qualsiasi situazione ci si trovi.

Se per esempio, un genitore redarguisce il proprio figlio per la troppa sensibilità, pur facendolo in maniera scherzosa, scatena in lui un forte sentimento di inadeguatezza. Un disagio che spinge il piccolo a rifiutare una parte di sé stesso. Chi è ipersensibile avverte questa caratteristica come un difetto sul quale è impossibile soprassedere. La sensibilità è una condanna per chi la possiede: chi è sensibile sente tutto e sente troppo.

Per provare a non sentire più tanto tutti questi sentimenti, chi è ipersensibile nega sé stesso e si nega, evitando di affidarsi al suo sentire. Hai presente quando si dice: “fare scelte di pancia”? bene, chi è ipersensibile evita di affidarsi all’istinto.

In realtà, gli ipersensibili non si fidano per niente delle loro sensazioni. Si convincono di avere una percezione esagerata e quindi cercano di zittirla in ogni modo.

Le conseguenze del rifiuto di una parte di sé

Questa perdita di contatto con sé stesso e con il proprio corpo porta a conseguenze piuttosto gravi nella vita relazionare delle persone ipersensibili. I primi segni di disagio causato dal rifiuto dell’ipersensibilità possono presentarsi fin dalla tenera età.

Quali sono? Vediamoli insieme:

  • Perdita del contatto con i propri bisogni: chi impara a zittire il proprio istinto per non lasciarsi sopraffare dalla propria ipersensibilità perde in realtà una capacità molto importante per ogni essere umano: quella di ascoltare e assecondare i propri bisogni.

Chi è ipersensibile tende purtroppo a dare maggior credito alle sensazioni degli altri e ai bisogni degli altri, trascurando i propri.

  • Chi non conosce i propri bisogni e non li ascolta, non conosce sé stesso. Va da sé che una persona ipersensibile che ha staccato il collegamento con quella parte di sé non si conosce abbastanza. Non conosce quali sono i propri limiti sia fisici che mentali e non riesce a capire qual è il momento di fermarsi e dire basta.

  • Quando ci si adatta ad una vita diversa da quella che si vorrebbe vivere in realtà, cercando sempre di accontentare le esigenze degli altri, tutto può diventare estenuante. Immaginate un bimbo costretto a seguire la sua mamma in una lunga giornata di shopping. Odia la folla del centro commerciale e i rumori della musica sparata a palla nei negozi, ma non può dirlo. Al ritorno a casa è stanco morto: troppi stimoli lo hanno tramortito.

  • Chi è ipersensibile si perde spesso nei suoi stessi pensieri e ha la testa un po’ tra le nuvole. Questo perché pensa troppo, e per lui anche la decisione più banale richiede un tempo lunghissimo. Tutto questo per un solo motivo: mancanza di autostima e scarsa fiducia nelle proprie capacità.

Nei prossimi articoli descriverò i modi migliori per sfruttare al meglio questa caratteristica e renderla un punto di forza.

Alla prossima!

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