Divorzio: e adesso che faccio?

Francesco Ferranti

Francesco Ferranti

Psicologo - Psicoterapeuta

Abbiamo parlato spesso di come affrontare la separazione durante i momenti di maggiore conflitto: come affrontare l’allontanamento di uno dei membri del nucleo familiare, come mantenere un certo equilibrio per non permettere che il rapporto con i figli o con gli altri membri della famiglia si possano incrinare in maniera più o meno irrimediabile.

Ho cercato, nel mio piccolo, di offrire sempre un punto di vista imparziale e una guida per chi, sopraffatto dagli eventi, non riesce a trovare la strada giusta da percorrere.

La verità però, è che le conseguenze di un divorzio, non si valutano solo nell’immediato. Anzi, la parte peggiore di un divorzio viene quando le acque si sono calmate, quando è arrivato il momento di trovarsi da solo ad affrontare il proprio dolore e la propria solitudine.

Ci sono modi diversi di accettare la fine della propria relazione. O di non accettarla. È importante che di fronte ad un evento destabilizzante come può essere un divorzio, la persona abbia la forza di reagire.

Divorzio: come reagisce chi ne è coinvolto

I modi possibili di reagire ad un divorzio, a livello psicologico, sono essenzialmente due:

  • Reazione Proattiva: è la reazione sana, quella che spinge la persona a reagire attivamente per cercare il lato positivo nella separazione. Ci si concentra sulle proprie passioni, sulle piccole cose che possono renderci felici. È quella che in psicologia viene definita resilienza, cioè la capacità di reagire attivamente agli eventi della vita trovando in sé stessi la capacità di reagire ad eventi avversi della vita senza lasciarsi sotterrare dagli stessi. È resiliente chi reagisce attivamente alle avversità, cercando in sé stesso la forza.

  • Reazione retroattiva: si tratta della reazione diametralmente opposta a quella della resilienza. Si tratta di una reazione di negazione della sofferenza, che porta la persona interessata a chiudersi completamente non affrontando i propri sentimenti.

Chi si trova in questa condizione psicologica tende molto spesso ad agire e pensare alla vita nutrendosi di un’abbondante dose di vittimismo. Chi reagisce in maniera retroattiva tende a sentirsi vittima delle circostanze, della sfortuna e del destino, e si convince di non riuscire e di non poter cambiare le cose.

Chi reagisce in questo modo non riesce ad esprimere in maniera sana le proprie emozioni negative e quindi si ritrova intrappolato in quei sentimenti, cominciando a vedere tutto nero.

Questi atteggiamenti sono propri di chi vive una separazione o un divorzio molto da vicino: vedere fallire quello che si considerava il proprio progetto di vita e di famiglia può essere molto destabilizzante, soprattutto per persone di per sé già deboli psicologicamente.

I genitori? Sono solo persone

Questo atteggiamento difensivo è normale che si manifesti anche nei figli, che vedono improvvisamente i propri genitori soffrire e cambiare. Ci sono figli che restano intrappolati nel proprio senso di abbandono e dolore.

Altri invece, riescono ad accettare di buon grado la fine della relazione tra i loro genitori, riuscendo magari anche a recuperare un rapporto che credevano ormai perduto a causa delle fortissime tensioni familiari spesso causate da una separazione.

È importante, se si vuole davvero andare avanti e cercare di vivere la propria vita nel modo più sereno possibile, che anche i figli imparino a disinnescare. Cosa fare, se davvero non si vuole rimanere intrappolati nel risentimento?

La chiave di tutto sta nel cercare di non vedere i propri genitori soltanto come genitori: anche se per i figli è difficile accettarlo, i genitori sono persone.

Persone con i propri sentimenti, con i propri desideri, con i propri sogni. Persone che hanno il diritto di rifarsi una vita e di provare ad inseguire la propria felicità anche quando sembra lontana.

Se un rapporto finisce, la vita continua e merita di essere vissuta.

Alla prossima!

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