Profezia che si autorealizza: come non parlare ai propri figli

Francesco Ferranti

Francesco Ferranti

Psicologo - Psicoterapeuta

Secondo me sei arrabbiato ma non vuoi dirmelo. Quante volte abbiamo sentito, o peggio ancora, pronunciato questa frase? Già, perché capita spesso di credere di poter indovinare i sentimenti delle persone che amiamo solo da un’espressione o da una frase.

Oggi, con la messaggistica istantanea, tutto sembra essere enormemente più complicato: basta un messaggio scritto un po’ di fretta per intuire un nervosismo inesistente.

Ci hai mai fatto caso a cosa succede al tuo interlocutore quando tu insisti ad attribuirgli un’emozione che non prova? Ovviamente si arrabbia. Pensaci: quante litigate sono cominciate con te che dicevi sembri arrabbiato per poi finire con l’arrabbiarsi davvero?

Proiettare sull’altro le proprie paure

Anche questo, come quasi tutti i fenomeni psicologici, ha una spiegazione: il fenomeno della profezia che si autorealizza ci insegna come, se ci aspettiamo determinati comportamenti negativi da parte del nostro interlocutore o pretendiamo di indovinare come si sente, non faremo altro che proiettare le emozioni che crediamo di vedere su quella persona, influenzando il suo reale stato d’animo.

Immagina, per esempio, di stare discutendo con un amico e di dire “Mi sembri un po’ triste. Stai bene?”. Il tuo amico ti risponde di si, ma tu continui ad insistere e porgli la stessa domanda. A quel punto il tuo amico comincerà a preoccuparsi e a chiedersi come mai stesse dando l’impressione di essere triste. A furia di farsi domande sul suo stato d’animo, forse triste lo diventerà davvero.

Ecco la potenza della profezia che si autorealizza: un fenomeno insidioso che spesso porta nei rapporti con gli altri tantissima negatività non necessaria.

Profezia che si autorealizza e adolescenti: cosa non fare

Il contesto in cui questo fenomeno riesce, purtroppo, a fare forse più danni, è sicuramente quello familiare: molti genitori provano a manipolare i sentimenti dei figli utilizzando questa tecnica, cioè attribuendo loro sentimenti che credono stiano provando.

A ben vedere, però, purtroppo la maggior parte di queste previsioni sono errate. Immagina di vedere vostra figlia essere sempre triste e restare chiusa in camera a piangere guardandosi allo specchio. La tua prima reazione sarebbe sicuramente quella di dirle “Ti vedo troppo triste, non devi prenderla cosi. Non ti piaci abbastanza.

Quella che a te genitore può sembrare una semplice costatazione, può avere un effetto bruttissimo sulla psiche già debole di tua figlia, rafforzando quell’idea che fino al tuo intervento sembrava piuttosto lontana, non farà altro che rafforzarsi.

Lei comincerà a rimuginare sulle tue parole fino allo sfinimento, giungendo poi alla conclusione che si, non si piace abbastanza e non è felice. Da questo momento in poi, quello che poteva sembrare un piccolo problema tipico dell’età adolescenziale, potrebbe trasformarsi in serio disagio psicologico dovuto, in parte, alla volontà di condizionamento.

Come parlare quindi ad un’adolescente in crisi, senza amplificare il suo malessere? il segreto per una buona comunicazione che non risulti deleteria, è su per giù sempre lo stesso: se vuoi sapere come sta tuo figlio, non dare per scontato di conoscere tutti i suoi sentimenti: chiedigli come si sente e lascia che si sfoghi da solo.

Stop agli atteggiamenti di ribellione

C’è un momento però, in cui questo tipo di manipolazione della conversazione può improvvisamente rivelarsi un’arma a tuo vantaggio. Se hai un figlio ribelle con cui nessuno dei metodi educativi illustrati ovunque ha funzionato, puoi utilizzare la profezia che si autorealizza: fagli notare che il suo atteggiamento di ribellione è in realtà un modo per nascondere il suo essere ancora un adulto spaventato: smetterà subito di fare il gradasso.

In generale, il mio consiglio è quello di utilizzare sempre meno queste meccaniche comunicative con gli adolescenti: anche se non sembra, sono adulti che sanno notare i vostri inganni!

Alla prossima!

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