Com’è cambiata negli anni la comunicazione tra coniugi?

Francesco Ferranti

Francesco Ferranti

Psicologo - Psicoterapeuta

“Non mi interessa se oggi non vuoi lavare i piatti, portare fuori il cane, riparare la porta del garage, e sai perché? Perché oggi voglio sapere se sei felice, se ti senti appagato/a dalla nostra storia, se mi ami, se ami la tua vita con me e se sei soddisfatto della tua vita lavorativa”.

Bene, questo potrebbe essere un dialogo tra due persone che si amano oggi, nel 2021, nel nuovo millennio, ove si dà importanza, per fortuna, di più ai sentimenti, alla libertà d’azione, al proprio IO e quindi, prima vengono le felicità astratte, quelle felicità che ci rendono soddisfatti e poi pensiamo a quelle concrete, ossia ad un lavoro ben remunerato, alla bella casa che finalmente abbiamo acquistato ecc…

Ma era così anche negli anni ’60, ’70, ’80?

 

Una coppia del vecchio millennio dialogava per raggiungere scopi “materiali”, oggi una coppia comunica per raggiungere la “vera” felicità

Come sottolinea Gray nel suo libro che tengo sempre sotto mano per sviluppare una sorta di filo rosso tra le relazioni di ieri e di oggi, mentre prima Marte e Venere si accontentavano solamente se “svolgevano un ruolo specifico” ossia, come nel caso dei nostri nonni ma spesso anche dei nostri genitori, l’uno di capofamiglia, l’altra di casalinga e mamma, oggi le cose sono ben diverse.

La comunicazione poi… diciamo che sarebbe meglio lasciar stare questo argomento dato che non esisteva comunicazione come la intendiamo noi oggi, ossia parlare dei propri turbamenti, delle proprie paure e cercare di superarli insieme. Nel vecchio millennio si dialogava solo per risolvere problemi che ostacolavano la vita “concreta” e non quella dei sentimenti.

Meglio chiarire con qualche esempio:

Lui: perché sei triste? Lei: no niente, sarà che mi sento stanca per via dei bambini ecc (invece vorrebbe solo qualche coccola ma non osa dirlo dato che bisogna solo pensare a lavorare, cucinare, lavare e badare ai figli) e così lei rimane triste, e magari incappa anche in una sorta di depressione, mentre lui continua tranquillamente a fare la sua vita “virile”.

 

Ora parliamo della “vera” felicità tanto ricercata e richiesta dalle nuove generazioni

Sebbene ora sappiamo comunicare meglio, non abbiamo il timore di esternare una nostra paura, un desiderio, un problema, è anche vero, però, che le circostanze entro le quali sorgono queste richieste sono molto più complesse.

Il mondo è diventato molto più competitivo, ogni giorno abbiamo a che fare con mille sfide e l’abbattimento personale è facilmente raggiungibile dato che le pressioni, le aspettative e la voglia di “arrivare” ci martellano il cervello e ci fanno sentire sempre stressati e oppressi.

Ma c’è un lato positivo, non temete. Se da un lato ora la nostra vita è più movimentata, dall’altro possiamo “vantare” un livello di comunicazione migliore con il nostro/la nostra partner. Possiamo dire tutto ciò che ci passa per la testa, ovviamente se le basi della relazione lo permettono.

Generalizzare è un processo che si ritorce contro le variegate sfaccettature dell’essere umano

Ok, è assodato che sappiamo comunicare meglio dei nostri nonni e genitori ma non è detto che sia così per tutti.

Anche se siamo nel nuovo millennio, le persone timide, chiuse e riservate esistono ancora e non possiamo pretendere che queste si aprano subito quasi come fosse una cosa normale. Seppur il cambiamento sia tangibile, bisogna sempre guardare al caso specifico e mettere le persone a proprio agio, altrimenti quel MURO fatto di timori, pudore e orgoglio non cadrà mai, bensì si rafforzerà e produrrà effetti negativi non solo nella relazione amorosa ma anche in tutti gli altri campi della vita che presuppongono relazioni interpersonali.

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